BFF 2022 – Legacy

Eredità e futuro

La Biennale della Fotografia Femminile si presenta in questa edizione con una riflessione collettiva attorno al tema Legacy. La traduzione scelta nella lingua italiana, così ricca di sfumature, è racchiusa nei concetti di “eredità”, “lascito”. Che implicazioni ha il passaggio di testimone tra generazioni? Come ci relazioniamo con le nostre eredità e che forma avrà ciò che lasceremo al prossimo futuro? 
Quando si parla di “passaggio di testimone”, bisogna considerare le due linee temporali su cui il concetto si espande. La prima è quella che conduce dal passato al presente: preservare un archivio (per restare in ambito fotografico) è un buon esempio, ma appartengono a questa prima categoria la continuità di una tradizione, i racconti degli anziani che perpetrano la memoria. Una seconda direttrice si sviluppa dall’oggi, in prospettiva. Naturalmente il futuro è insondabile, ma ciò che sicuramente siamo in grado di valutare attualmente sono le ricadute, le conseguenze future del nostro agire. E la fotografia è uno strumento che ben si presta a tale narrazione.

Artiste in mostra

Tami Aftab
The Dog’s in the Car

“The dog’s in the car” (il cane è in macchina) urla mia madre dal piano di sopra. Mio padre, Tony, corre per casa, dentro e fuori dal giardino, pensando di aver perso Rudi, il nostro cane. Questo è un episodio tipico, in cui papà torna dalla passeggiata con il cane, lo dimentica in macchina, entra in casa e pensa di averlo perso. Mio padre, Tony, soffre di idrocefalia, che causa l’accumulo di liquido cefalorachidiano nei ventricoli del cervello. Circa 25 anni fa, durante un intervento di bypass-coronarico, si è verificata un’emorragia interna che ha danneggiato in modo permanente la sua memoria a breve termine. The Dog’s in the Car è una collaborazione tra l’artista e suo padre. Usando una voce giocosa, l’artista mette in discussione i toni sommessi che caratterizzano la malattia, le domande sulla collaborazione e il consenso, la famiglia come soggetto e lo spazio tra documentario e spettacolo. Questa è anche una storia che ci parla di una relazione padre - figlia e di come una famiglia affronta la malattia e l’identità.

Tami Aftab (1997) è una fotografa londinese. I suoi ritratti ci parlano di intimità, spettacolo e giocosità attraverso la forma della ritrattistica. Ha vinto una borsa di studio Getty e i suoi lavori sono stati pubblicati su Der Greif, Der Spiegel, British Journal of Photography e The Washington Post.

Fatemeh Behboudi
The War is Still Alive

Sono scatti intensi quelli del progetto The War is Still Alive su cui la fotografa iraniana Fatemeh Behboudi lavora da sei anni. Una narrazione che sfrutta la crudezza di bianchi e neri contrastati per raccontare il dolore delle madri che da oltre tre decenni attendono il ritorno dei feretri dei figli perduti nel conflitto tra Iran e Iraq. Le conseguenze della guerra si ritrovano anche nella sofferenza dei reduci, con il dolore che emerge nei tratti somatici sconvolti dall’uso di sostanze chimiche e dal sonno disturbato agli incubi di morte. I bambini e molte persone nelle città di confine dell’Iran sono ancora vittime delle mine nascoste nel suolo. Come si può costruire un futuro, un lascito positivo e di rinnovamento in città sventrate e mai ricostruite? In un luogo in cui alle persone è negato un ritorno alla vitalità, dove la guerra è ancora presente, viva. Con la sua macchina fotografica Behboudi si avvicina alle ferite ancora aperte per documentare cosa accade alla popolazione iraniana a trent’anni dalla risoluzione ONU del 1988.

Fatemeh Behboudi Fotoreporter e fotografa documentarista, nata nel 1985 a Teheran, Iran. Laureatasi in Fotografia nel 2007, ha lavorato per diversi servizi di informazione iraniani tra cui l’Iranian Quran News Agency e l’agenzia di stampa studentesca Pana.

Sarah Blesener
Beckon Us from Home

Un lavoro di storytelling impattante quello di Sarah Blesener che si sviluppa attorno all’adolescenza raccontando (con un doppio sguardo da educatrice e fotografa) le sfumature di un’età in crescita e l’innocente spensieratezza delle/dei cadette/i militari, tra Russia e USA. Ha visitato accademie militari e scuole russe per Toy Soldiers mentre per Beckon Us From Home (iniziato nel 2016 e tuttora in corso) sta mappando i camp che insegnano (sin dai sei anni) i valori americani, la fede e il militarismo negli Stati Uniti. Le delicate narrazioni visive di Blesener si muovono su fondi contrastanti, dal profondo carattere nazionalista. I due progetti vengono esposti assieme per: “Indagare le ideologie e le tradizioni che vengono tramandate alle giovani generazioni e per riaccendere il dialogo sulla retorica nazionalista che dilaga in tutto il mondo”, come lei stessa racconta. 

Sarah Blesener (1991) è una fotografa documentarista americana diplomata in Visual Journalism and Documentary Practice presso l’ICP di New York. Ha ricevuto il 1° premio nella categoria Long-Term Project al World Press Photo nel 2019.

Betty Colombo
La riparazione

Il rapporto tra uomo e natura è qualcosa di controverso e stupefacente. La terra cambia, un po’ per se stessa e molto a causa nostra. Ma il pianeta sa muoversi per autoripararsi e così cerca di fare l’uomo. L’uomo distrugge il pianeta e poi lo cura, entrambi si feriscono a vicenda per poi aggiustarsi. Questo lavoro parla di riparazione; riparare il guasto per conservare al posto di cambiare. Quattro finestre su altrettanti momenti in cui l’uomo e la natura cercano un dialogo per la salvezza comune. La prima serie racconta un territorio colpito da un incendio. Immagini della sua rinascita, con l’aiuto dell’uomo. Un bosco che torna a respirare e a farci respirare. La seconda serie tratta di un trapianto. Un uomo muore e lascia a un altro l’ultimo respiro dei suoi polmoni, permettendogli di continuare a vivere. La terza serie narra del salvataggio di un animale da parte di un veterinario, rappresentando l’aspetto controverso dell’uomo che distrugge gli abitanti della natura ma poi si intenerisce, al punto da dedicar loro energie e sentimenti. La quarta e ultima serie mostra un intervento di chirurgia plastica ricostruttiva in seguito a un’ustione. Mentre il bosco incendiato cambia parte di sé, allo stesso modo l’uomo cambia la propria pelle.

Betty Colombo (1975) è una fotoreporter che lavora per diverse testate italiane ed estere. Ha all’attivo diverse mostre fotografiche nel mondo, 5 libri e 2 premi alla carriera. Le sue immagini sono state acquistate dal Centre Pompidou, dal Guggenheim e dal Museo d’arte moderna di Stoccolma. Il suo lavoro è viaggiare: sceglie una destinazione, studia i percorsi, parte, incontra gente, scatta circa 18.000 foto in 10 giorni. Molte delle immagini sono utilizzate per pubblicazioni, altre da Save the planet per raccontare storie del mondo.

Solmaz Daryani
The Eyes of the Earth

Tempo fa, il Lago di Urmia, in Iran, era il lago più grande del Medio Oriente e il secondo più grande del mondo. Le sei milioni di persone circa che vivono nel bacino di Urmia hanno legami sociali ed economici profondi con questa fonte d’acqua in esaurimento. I turchi azeri lo chiamano “il solitario turchino dell’Azerbaijan”. Un tempo fiorente destinazione turistica, il Lago di Urmia era un mezzo di sostentamento per innumerevoli persone, inclusa la famiglia della madre di Daryani. Tuttavia, visto il suo inaridimento, il turismo locale e l’agricoltura ne hanno sofferto. I venti che sferzano lungo il lago soffiano polvere salina nei campi agricoli, causando la lenta degradazione del suolo. Come ogni cosa nei dintorni del lago, il motel e i giardini del nonno di Daryani giacciono in rovina. In questa continua e prolungata storia ambientale e personale, iniziata nel 2014, Daryani dimostra l’impatto sulla famiglia e su un più ampio ecosistema al fine di riflettere l’interconnessione tra gli esseri umani e l’ambiente. La scomparsa del Lago di Urmia rappresenta molto più di un rischio ambientale: è una ferita emotiva nella memoria delle persone.

Solmaz Daryani (1989) è una fotografa documentarista iraniana. Vive tra l’Iran e il Regno Unito. È sostenuta dalla Magnum Foundation e dalla National Geographic Society, ed è membro di Women Photograph e Diversify Photo. Il suo lavoro si concentra soprattutto sulla nostra relazione con l’ambiente e ne esplora l’impatto sociale, culturale, religioso e politico.

Delphine Diallo
Highness

Delphine Diallo è una fotografa che attinge dall’antropologia alla mitologia sino allo studio dell’iconografia tradizionale per ampliare il suo punto di osservazione, integrando le nuove suggestioni in maniera trasversale alla pura indagine fotografica. Un tentativo di smantellare lo stereotipo e le sovrastrutture della costruzione sociale fuori dal tempo lineare della tradizione, seguendo una ricerca personale nella fotografia di ritratto che possa, in totale libertà, creare forme inedite. Ogni ritratto le richiede molto tempo per la ricerca (tra i due e i sei mesi) e la sua esecuzione è una relazione di scoperta e crescita, nonché di assoluta disponibilità emotiva. Diallo ritrae donne in un contesto di libertà e apertura che esula da ogni forma di giudizio. Il risultato si traduce nel progetto Highness: una serie di ritratti, anche molto differenti tra loro, in cui si coglie uno studio sulle tradizioni culturali, in una totale rielaborazione della fotografa, tra ricerca e creatività. Come lei stessa racconta a Silvia Criara: “Highness è un sentire, è uno stato di alta comprensione e conoscenza sia come essere umano sia come artista. Significa raggiungere questa nuova consapevolezza, l’energia e la libertà che sprigiona”. 

Delphine Diallo (1977), fotografa franco-senegalese residente a Brooklyn, esplora tematiche legate alle trasformazioni della femminilità. Il suo lavoro è riconosciuto per la capacità d’interpretazione artistica e per l’attivismo.

Lumina Collective
Echoes

Da quando è stata inventata, la fotografia costituisce uno strumento utile a documentare e definire identità, appartenenze nazionali ed epoche. Dal 1900, e più recentemente con la rivoluzione digitale, siamo sempre più abituati a fare, scattare e assimilare fotografie, come mai prima d’ora. Attraverso la percezione di presenza e assenza, Echoes esplora le modalità in cui la realizzazione di immagini fotografiche in Australia è legata a interrogativi sull’identità, suoi luoghi, nonché a storie di trasformazione generazionale. Nel progetto Photography and Place (2011), la scrittrice e curatrice australiana Judy Annear suggerisce: “[...] in questa fotografia di luoghi e rimanenze, [c’è] un riconoscimento implicito del ruolo del fotografo come mediatore e narratore, e la storia non è affatto semplice. Non è perfetta come una cartolina”. Le otto importanti fotografe australiane del LUMINA Collective sono impegnate a documentare e comunicare al pubblico con metodologie che si spingono oltre i processi di narrazione visiva lineare. Abbracciando pratiche personali di lunga durata e profondamente radicate, Echoes indaga le idee di identità e di luogo attraverso l’esplorazione della storia familiare, del trauma e della perdita, della migrazione e del concetto di casa.

Lumina Collective, fondato nel 2017, è un collettivo australiano di donne premiate e di artistə fotografə non-binariə che rompono gli schemi nella narrazione visiva e documentaria. Ogni artista dà al collettivo una voce e una visione uniche. Le fondatrici sono Donna Bailey, Chloe Bartram, Jessie Boylan, Aletheia Casey, Anna Maria Antoinette D’Addario, Lyndal Irons, Morganna Magee e Sarah Rhodes. Vivendo e lavorando in Australia, Lumina Collective riconosce i popoli aborigeni australiani e di Torres Strait Islander come i primi abitanti del Paese e i custodi tradizionali delle terre in cui vivono, studiano e lavorano.

Ester Ruth Mbabazi
This Time We Are Young

L’Africa è il continente più giovane del mondo, con il 60% della sua popolazione al di sotto dei 25 anni. Un continente in cui il futuro si lega fortemente a una tradizione da rielaborare, attualizzare e vivere in tutte le sue implicazioni quotidiane. Un continente in cui non sempre c’è lo spazio necessario per le giovani generazioni per sperimentare e crescere, attraverso i loro sogni e le loro speranze. This Time We Are Young è un progetto di fotografia documentaria (pensato dalla fotografa in collaborazione con i suoi coetanei) la cui finalità è di indagare gli effetti dei cambiamenti demografici nel continente africano, dal Sud Sudan all’Uganda, al Kenya e oltre. Nel 2019, Mbabazi ha deciso di ampliare il progetto fotografando i giovani africani in Europa, esplorando le loro storie: quando si sono trasferiti e perché ma, soprattutto, quali eredità e originalità sono emerse dalla fusione delle culture dei due mondi in cui vivono. La parte più recente del lavoro (2019-2020) si sviluppa in Sudafrica, luogo in cui i giovani di altri Paesi africani cercano rifugio, e documenta la vita dei giovani del mondo LGBTQ+.

Esther Ruth Mbabazi (1995) è una fotografa documentarista che vive in Uganda. Il suo lavoro esplora le mutevoli condizioni del continente africano, con particolare attenzione agli aspetti sociali, fisici ed emotivi della vita quotidiana.

Myriam Meloni
Insane Security

Molte società democratiche moderne sanciscono, nelle proprie Costituzioni, l’inviolabilità dell’integrità fisica dei cittadini. Tuttavia, esiste una tensione costante tra la protezione di questo diritto e l’uso effettivo della forza da parte degli organismi di sicurezza. Nella Repubblica Argentina, dove il tasso di criminalità è più basso che in altri Paesi latinoamericani, il “senso di insicurezza” è tra i più alti dell’America Latina. Questa costante percezione del pericolo, esacerbata dai media, si trasforma in una crescente domanda sociale dell’uso della forza, spesso letale, per ridurre i livelli di criminalità del Paese. In un contesto politico, sociale ed economico dove impera la cultura della paura, le forze di polizia legittimano l’uso sistematico della violenza, perpetrata contro i diritti individuali di libertà, integrità fisica e il diritto dei cittadini a un equo processo.

Myriam Meloni, fotografa italo-fancese (1980), laureata in Giurisprudenza e specializzata in Criminologia. Nel 2009 si trasferisce in Argentina, dove si specializza in fotografia documentaria ed esplora il profondo divario economico e sociale esistente in America Latina. Negli anni più recenti, la sua ricerca si concentra sulle asimmetrie nelle relazioni neocoloniali esistenti tra Europa e Africa. Collabora con quotidiani e ONG.

Ilvy Njiokiktjien
Born Free

Una generazione di giovani sudafricani sta crescendo da quando il Paese ha abbandonato il suo sistema repressivo di apartheid nei primi anni ‘90. Una nuova Costituzione ha dato a sudafricani neri, colorati, indiani e bianchi uguali diritti. Durante la sua presidenza, Mandela si è concentrato sulla riconciliazione e su una visione di una nazione arcobaleno di successo. Ha sottolineato l’importanza delle nuove generazioni, che sarebbero cresciute senza il passato turbolento del Paese. Durante il suo lavoro in Sudafrica nel 2007, Njiokiktjien si interessa a questi “nati-liberi”, la prima generazione nata dopo la fine dell’apartheid. Li ritrae nel suo stile personale e a volte intimo. “L’uguaglianza sulla carta c’è, ma la maggioranza dei giovani crede che i sudafricani bianchi abbiano migliori opportunità, in quanto l’eredità di secoli di inuguaglianza permane tuttora”. Il suo lavoro si costruisce attorno ai temi della National Youth Policy, una strategia per migliorare la vita dei giovani, abbozzata durante la presidenza di Mandela. I gruppi che tale strategia politica sostiene (come giovani donne, uomini disoccupati, giovani delle zone rurali o persone con HIV/Aids) sono tutti inclusi in questa mostra.

Ilvy Njiokiktjien (1984) è una fotografa e giornalista multimediale dei Paesi Bassi.
Si occupa di attualità e questioni sociali contemporanee. I suoi lavori sono stati pubblicati, tra gli altri, su The New York Times, TIME, Der Spiegel.

Flavia Rossi
Nuovo patrimonio

L’Italia è un Paese che possiede un grande numero di beni ereditati dal suo passato. La fotografa Flavia Rossi in Nuovo patrimonio punta il suo obiettivo documentando i beni culturali e le architetture vittime del terremoto che nel 2016 ha colpito il centro Italia. Sempre con maggiore urgenza gli edifici di quel territorio necessitano di essere puntellati, stampellati, per evitarne il collasso strutturale. Sostegni che nelle lunghe attese prima degli interventi diventano parte integrante della struttura, sia essa un edificio o un affresco, andando così ad articolarsi in nuove forme ibride. Questi provvedimenti prolungati modificheranno la struttura degli edifici stessi, andando a costituire un Patrimonio (né storico né contemporaneo) semplicemente Nuovo perché non collocabile in alcuno stile o concetto di riferimento. Tante le questioni aperte e sollecitate da queste riflessioni. Di fronte a un lascito così vasto, è possibile intervenire allo stesso  modo su tutti i beni? E quale Legacy, quale eredità, lasceremo di tutto questo grande patrimonio in pericolo? Il lavoro nasce da una collaborazione con l’architetto Giulio Luccioni.

Flavia Rossi (1989) è una fotografa italiana che ha ricevuto diversi riconoscimenti e partecipato a varie residenze, oltre ad avere spesso collaborato con il Ministero Italiano dei Beni Culturali. Il suo lavoro è stato mostrato alla Triennale a Milano nel 2021 e in vari altri contesti in Europa.

Daniella Zalcman
Signs of Your Identity

Questo lavoro, realizzato a partire dal 2014 e tuttora in corso, in Canada, Stati Uniti, e Australia, si concentra sul significato di sopravvivenza a un sistema fatto per distruggere l’identità. A partire dai due anni, i bambini venivano tolti alle loro famiglie per vivere in scuole residenziali dove sono stati vittime di ogni tipo di abuso. L’ultima scuola in Canada ha chiuso solo nel 1996. Le innumerevoli morti e le scomparse hanno portato il governo canadese a dichiarare ufficialmente il sistema di scuole residenziali un genocidio culturale. I ritratti a doppia esposizione mostrano i visi dei sopravvissuti con i luoghi e i ricordi delle loro esperienze, nel tentativo di creare un coinvolgimento visivo con gli impatti del genocidio culturale e del trauma intergenerazionale. I ritratti sono stati realizzati in collaborazione con tre artisti indigeni (Catherine Blackburn, Gregg Deal, e Mo Thunder) con l’intento di portare un maggior numero di voci creative indigene all’interno del progetto. Le cianotipie degli educatori hawaiani parlano del lavoro di terapia che stanno portando avanti gli educatori indigeni al fine di creare nuovi modelli di istruzione fatti da e per studenti indigeni.

Daniella Zalcman (1986) è una fotografa documentarista vietnamita-americana, fondatrice di Women Photograph. Il suo lavoro fotografico tende a concentrarsi sulle eredità della colonizzazione occidentale.

Open Call

Premio FOTOFABBRICA
Chiara Cunzolo
Free Down Syndrome

Premio NON C’È LIMITE AL LIMITE
Chiara Innocenti
RI.CORDA. Richiamare in cuore

Premio LOMOGRAPHY
Francesca Tilio
Link

Premio MULIERIS MAGAZINE
Sarah Mei Herman
Julian & Jonathan

Maria Grazia Carriero
Liminal

Giulia Hrvatin
Bitch please

Luiza Kons
In the name of the Mother and the Father

Tea Primiterra
Onironauti

Barbara Pau
Infractures

Anita Pouchard Serra
Conversations between Paris and Oran

Programma e ospiti

CONFERENZE

La malattia e l’umorismo in fotografia
Tami Aftab

Verso l’uguaglianza in fotografia
Daniella Zalcman

Esplorare vite umane attraverso il fotogiornalismo e lo storytelling
Ilvy Njiokiktjien

Gli effetti del post-colonialismo e la rappresentanza nelle seconde generazioni
Angelica Pesarini e Marilena Delli Umuhoza

Architettura, documentazione di spazi e persone
Flavia Rossi e Giulia Flavia Baczynski

Costruire il proprio percorso nella fotografia
Betty Colombo

Dalla Contessa di Castiglione a Cindy Sherman: così le donne hanno usato la fotografia per mettersi in scena
Valeria Palumbo

Famiglia – famiglie
Marco Brioni e Grazia Dall’Oro

My Dear: un progetto fotografico collettivo
Marco Brioni e Grazia Dall’Oro

PRESENTAZIONI

Progetto fotografico-letterario che esplora il sublime attraverso interviste, personaggi e immagini
Il Sublimista

Presentazione della rivista e progetto Mulieris con le fondatrici Sara Lorusso, Greta Futura e Chiara Cognigni
Mulieris magazine

Presentazione del progetto “Le Conseguenze: Femminicidi e lo sguardo di chi resta”
Stefania Prandi con Non Una di Meno Mantova

Le donne fotografe dalla nascita della fotografia ad oggi: uno sguardo di genere
Patrizia Pulga

Un progetto sui ruoli della donna in Italia
Franziska Gilli, Barbara Bachmann e Lucia Miodini

Presenta il suo progetto e libro fotografico Ephemeral Freedom
Arianna Todisco

Roma Fotografia | Fotografia al Femminile Bresciani Visual Art
Maria Cristina Valeri

Presentazione del libro Ripartire dal desiderio
Elisa Cuter

PROIEZIONI

Le fotografe | Sky Arte

Guia Besana
Interviene il regista Francesco Raganato

Roselena Ramistella
Interviene il regista Francesco Raganato

Zoe Natale Mannella
Intervengono l’autrice e Camilla Cianfrone Leoni, fondatrice di I Am Naked on the Internet

Sara Lorusso
Intervengono Sara Lorusso e Valentina D’Accardi

Simona Ghizzoni
Intervengono l’artista e Anna Volpi, presidente BFF

Maria Clara Macrì
Intervengono l’artista e Anna Volpi, presidente BFF

Ilaria Magliocchetti Lombi
Interviene la fotografa

Carolina Amoretti
Interviene la fotografa

Appuntamento ai Marinai
di Ariam Tekle
Documentario sulla comunità eritrea di Milano, nata dalle migrazioni degli anni ‘70

WORKSHOP

Daniella Zalcman
Progettazione fotografica a lungo termine

Simona Ghizzoni
Una stanza tutta per sé: l’autoritratto come narrazione – Workshop di autoritratto

Betty Colombo
Essere un fotoreporter – Workshop itinerante di reportage

Letizia Battaglia
Nuda come la Terra Madre

Filippo Venturi
Fotogiornalismo e Fotografia documentaria al giorno d’oggi e sviluppo teorico e pratico di un progetto

Lomography walk
Passeggiata fotografica alla scoperta delll’architettura e dell’urbanistica storica del centro di Mantova e del quartiere di Lunetta

LETTURE PORTFOLIO

In collaborazione con Italy Photo Award
Daria Bonera, Denis Curti, Francesca Marani, Cecilia Pratizzoli, Daniella Zalcman, Marisa Zanatta

EVENTO SPECIALE

Ritratti walk in | Roselena Ramistella
sponsorizzato da Diego dalla Palma

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